Dopo una lunga attesa, finalmente, sono riuscito a organizzare un giro di esplorazione in Val Marecchia; un'area compresa tra Emilia Romagna, Toscana e Marche che segna il naturale confine meridionale della Valpadana. L'idea nacque nell'inverno del 2020, durante uno dei corsi sugli antichi culti della terra, quando una delle studentesse (Michela Berti) mi chiese se conoscevo le vasche rupestri di quella zona. La questione, da subito, suscitò in me una grande curiosità poiché, poco tempo prima, avevo già adocchiato quella stessa area, sull'onda di una precedente ricerca svolta in Valfeltrina (BL), da cui erano emersi diversi parallelismi tra l'origine di alcuni toponimi contenenti la radice VEL (1) e le divinità legate agli antichi culti del sole. Infatti, in tutta la valle, e nelle immediate adiacenze, ci sono diverse località che nel proprio nome contengono una forma simile, o derivata, da quella radice: Verucchio, Novafeltria, Perticara, Pennabilli, Sant'Agata Feltria, Palazzo, Pereto e Balze; a questi si aggiungono i nomi di importanti rilievi come il monte Feretrio, il picco dove sorge l'odierna San Leo (RN), capitale storica della “regione” del Montefeltro e, secondo la tradizione, sede di un antico culto dedicato a Giove (Giove Feretrio).
Sulle tracce della coppia sacra
Una presenza così massiccia di questi nomi lascia supporre che nella zona fossero radicati culti di tradizione etrusco-italica legati al sole, nella sua forma sia celeste che infera. La storia delle religioni ci insegna che divinità accomunate da nomi derivati dalle stesse radici come PALes, BAAL e la coppia VOLtumna/VELtha-VELch, non solo erano diffuse in tutto il Mediterraneo e in mezza Europa ma condividevano anche aspetti e funzioni simili.
Il simbolismo solare espresso dal dio etrusco trova paralleli con il celtico Beltune, conosciuto anche come Belen, Belus o Belin, la cui origine si fa risalire al babilonese Bel, compagno della dea Belili (Beltis o Belit) che in epoche successive divenne la dea Ishtar (Astarte). Bel o Belen non era molto diverso dal dio chiamato dai Greci Apollo, antico dio solare la cui figura si ritrova nelle maggiori civiltà antiche.
Feo G., Il tempio perduto degli Etruschi, Ed. Effigi, 2014
Come già Giovani Feo aveva evidenziato, l'ipotesi di profondi e importanti legami tra queste divinità, non solo è possibile ma di grande rilevanza per una maggiore comprensione delle origini della nostra cultura. Probabilmente ci troviamo di fronte a tradizioni e conoscenze sviluppatesi in una comune area di origine (mare Egeo, Anatolia e Asia Minore), forse già a partire dal neolitico.
Paesaggio simbolico
Insieme a Michela e al prezioso supporto logistico di Stefano Partisani abbiamo, quindi, deciso di trascorrere 3 giornate di esplorazione della vallata, cercando di gettare un primo seme per ricostruire l'identità di quel territorio e la relazione tra i luoghi.
La valle, ancora oggi, è uno dei principali accessi dal mare Adriatico verso l'entroterra che sappiamo essere stato organizzato in modo capillare dall'epoca della cultura etrusca. Nell'antichità si viaggiava lungo il corso dei fiumi che dovevano avere sicuramente una portata maggiore di oggi. Le “autostrade” dell'Italia centrale, a quei tempi, erano il Savio, il Tevere e l'Arno. Tre corsi d'acqua che costituiscono un importante collegamento tra la costa e l'interno e che, curiosamente, sgorgano da sorgenti dislocate in un raggio di una ventina di chilometri. Anche le sorgenti del Marecchia si trovano vicine a questo “snodo viario”, il che rende ancora più interessante il suo percorso.
Dopo esserci addentrati all'interno della valle e aver fatto una prima veloce raccolta di toponimi legati alla famosa radice, abbiamo scelto di visitare il museo di Verucchio per prendere contatto con le principali evidenze archeologiche della zona.
Lì è risultata chiara la bontà delle nostre intuizioni sull'importanza di quei nomi; la grande ricchezza dei ritrovamenti archeologici, oltre al tipo di visione religiosa, permette di comprendere meglio l'alto valore del sito e la sua relazione con gli altri centri della valle. Inoltre, grazie alla posizione elevata del paese, abbiamo potuto effettuare alcuni rilevamenti riguardo possibili allineamenti solari, equinoziali e solstiziali, con le maggiori vette visibili all'orizzonte.
Vasche, coppelle e canalizzazioni: siti di produzione o altari rupestri?
La tappa successiva è stata alla volta del “masso del tino”, una delle più affascinanti tra le cosiddette “are sacrificali” della Valmarecchia, ricavate da alcuni massi isolati dove sono state scolpite vasche, coppelle e canalette, la cui funzione non è stata ancora, del tutto, compresa.
Tuttora gli studiosi si dividono attribuendo a questi manufatti due possibili funzioni: alcuni credono si tratti di siti di lavorazione come la spremitura di uva e olive, oppure per la concia delle pelli, mentre un altro gruppo ci riconosce qualità connesse a qualche forma di culto.
A sostegno di quest'ultima interpretazione, ci sono le iscrizioni rinvenute nel santuario di Panóias (Vila Real, Portogallo) dove si può osservare una serie di vasche e coppelle molto simili. Si tratta di dediche che, secondo l'interpretazione di Alföldy G. (2), dovrebbero riferirsi al culto di Serapide, figura legata al mondo infero e al sole che integrava le qualità di alcune delle più importanti divinità al centro del pantheon delle maggiori religioni del Mediterraneo (3). Le ipotesi formulate da Alföldy, si basano su studi precedenti che hanno individuato in Endovelicus, la figura principale a cui questo santuario, e molti altri tra Portogallo e Spagna, era dedicato. La maggior parte dei ricercatori che si sono occupati di questa divinità concordano sull'etimologia del nome, con origine celto-fenicia, dalla radice BEL-VEL. Una divinità dai poteri oracolari e taumaturgici, profondamente legata al mondo del sottosuolo e, quindi, dalle caratteristiche simili a figure come Summanus, Soranus o, come visto, a Serapide.
In Italia, questo tipo di vasche scavate direttamente nella roccia, sembrano concentrarsi maggiormente nel centro-sud, specialmente nella zona della Tuscia, in Lucania, Calabria e Campania. Nel Lazio meridionale ne ho personalmente censite circa una trentina, nella zona tra Castelli Romani e Monti Lepini dove, per circa dieci anni, mi sono dedicato alla ricostruzione della Geografia Sacra del Latium Vetus (4). La struttura è fondamentalmente la stessa con coppelle e canalizzazioni nelle immediate vicinanze. E già allora, confrontando i dati da me raccolti con quelli emersi dalle ricerche di Giovanni Feo, mi stavo rendendo conto di quanto stretta fosse la relazione tra quei luoghi e l'osservazione dei movimenti di sole, luna e altri importanti corpi celesti.
Osservatori solari e antichi calendari
Ho voluto provare, così, a tracciare una serie di collegamenti tra i principali insediamenti della valle (a partire dalla tarda età del bronzo), le vasche rupestri che siamo riusciti a visitare e le principali vette all'orizzonte; l'intento era vedere se potevano emergere evidenze di un “codice” utilizzato nella scelta di abitati e luoghi di culto in relazione al movimento del sole nel corso dell'anno. La risposta sembra affermativa: ci sono tutti i presupposti per recuperare l'antico modello insediativo della zona, almeno a partire dall'epoca di fondazione di importanti centri come Verucchio, Pennabilli o San Leo e altri, oggi divenuti minori, come Petrella Guidi o Montefotogno.
Per non annoiare il lettore con dati e misurazioni specifiche che potrebbero trovare spazio in una successiva pubblicazione più approfondita, ci concentreremo solo sulle principali evidenze, cercando di delineare una visione generale del territorio.
Per comprendere al meglio il paesaggio dovremo, innanzitutto, tenere presente che la valle scorre tendenzialmente da sud a nord, tra rilievi montuosi che l'accompagnano a est e a ovest. Questo assetto offre il contesto migliore per l'individuazione di marcatori all'orizzonte che, come vere e proprie meridiane, possano evidenziare il movimento del sole durante i momenti più importanti dell'anno. Uno schema che ho ritrovato nella geografia sacra di molti territori dall'Europa all'India.
Risalendo il percorso del fiume, già a partire da Verucchio, ci si accorge di alcuni allineamenti significativi.
Qui, di particolare interesse, è risultato essere quello con monte Borgellino, sopra Poggio Torriana (RN), dove il sole tramonta nel giorno dell'equinozio e con la vetta del monte Pincio (Perticara, RN) che, invece, segna il tramonto del solstizio invernale (21 Dicembre).
Altrettanti allineamenti mettono in relazione loc. Pian del monte, uno dei siti archeologici più ricchi della zona orientale del paese con la sommità più meridionale di monte Borgellino (Equinozio) e l'altura dove sorge San Giovanni in Galilea (FC), il punto in cui il sole tramonta il 13 Agosto (giorno delle idi dedicate a Diana e celebrazione di Vertumnus (5). A Pian del monte sono state rinvenute necropoli, strutture orientate nord-sud (indicazione di una precisa volontà di collegarsi alla volta celeste) e un pozzo con annesso spazio per attività rituali (IX-VIII sec. a.C.).
Una situazione simile, anche se la prospettiva è rivolta verso oriente, all'alba, l'abbiamo riscontrata anche sul Montefotogno, presso il “masso del Tino”. Utilizzo la T maiuscola poiché, data la mole di toponimi collegabili al nome delle principali divinità etrusche, non sembra peregrina la possibilità di una qualche relazione tra “tino” e il nome del dio solare della medesima cultura, ovvero Tin/Tinia, soprattutto nel caso ci siano anche tracce di allineamenti significativi.
Anche qui, infatti, ne abbiamo registrati con l'alba di due date collegate tra loro. La prima riguarda il solstizio invernale, quando il sole sorge da dietro la chiesa di San Biagio di Tausano (RN). Nuovamente, il toponimo rimanda al nome della dea etrusca Thesan; dea dell'alba, associata anche al generarsi della vita, corrispondeva alla dea Aurora e a Eos nella mitologia greca. Il secondo allineamento è ancora più particolare perché il sole sorge da dietro la vetta che sovrasta il piccolo borgo il 2 Febbraio che, oltre a essere il giorno della celebrazione del santo, fa parte di una serie di date legate alle mezze stagioni e al Cosiddetto calendario celtico (leggi l'articolo dedicato).
La stessa chiesetta, a sua volta, è protagonista di un altro allineamento, questa volta al tramonto del 21 Dicembre, con la sella tra le cime del monte Ercole e monte San Silvestro. Da notare che a qualche centinaio di metri dalla cima di quest'ultimo c'è un'altra vasca, il cosiddetto “Letto di San Silvestro” dal quale, invece, si osserva un ulteriore allineamento nei giorni dell'equinozio, quando il sole sorge da dietro la vetta del monte San Marco; anche sulla cima di quest'ultimo è stata scolpita una grande vasca chiamata il “letto di San Marco”.
I luoghi d'osservazione vengono messi tutti in collegamento tra loro mediante linee tracciate dai movimenti del sole in precise date del calendario; in questo modo si viene a creare una corrispondenza tra la loro disposizione sul terreno e il grande meccanismo celeste, creando un canale di comunicazione con la sorgente divina della vita.
All'interno di questa geografia sacra sono comprese anche tre delle vasche visitate, più quella che è stata scavata sulla cima del monte San Marco che, per mancanza di tempo, non siamo riusciti a vedere.
Gli studiosi, finora, hanno documentato la presenza di 11 vasche rupestri tra San Leo e l'alta Valmarecchia (7), doppie e singole. Dal nostro studio preliminare risulta che ben quattro vasche singole e una doppia fanno parte di questo sistema di allineamenti:
Masso del Tino (singola) - chiesa S. Biagio a Tausano (alba 21.12)
Letto di S. Silvestro (singola) - m. S. Marco (alba 21.3) (singola)
San Leo (singola) – m. Fumaiolo/Aquilone
Loc. Tregenghe a Pennabilli (doppia) - Rocca di Billi (alba 21.6)
Loc. Tregenghe a Pennabilli (doppia) - Pereto (tramonto 21.6)
A cornice del report di questo primo viaggio esplorativo, credo sia utile sottolineare alcune interessanti notizie riguardo al toponimo di Pennabilli che, devo ammettere, ha catturato la mia curiosità fin dal primo giorno.
Questo nasce nel 1350, quando gli insediamenti sorti sulle due alture contrapposte, ovvero la rocca di Penna e l'odierno borgo di San Lorenzo, diventati liberi comuni, decidono di fondersi in un'unica realtà; è allora che l'intero abitato prende il nome di Pennabilli.
C'è, però, un particolare ancora più curioso: la tradizione narra che, in epoca romana, sulla sommità di Billi fosse venerata una divinità solare chiamata Bel, forse di provenienza mediorentale. Con il tempo, il culto venne sostituito da quello per Vulcano, dio del fuoco, al quale subentrò, in epoca cristiana, il culto per San Lorenzo, martirizzato, a sua volta, col fuoco. Difficile aggiungere altro, se non il fatto che il collegamento tra gli antichi culti solari e i nomi derivati dalla radice VEL, in questa valle, sembrano aver avuto un particolare successo fin dai tempi più remoti.
Queste prime indagini ci hanno permettono di ipotizzare che anche in Valmarecchia è possibile ritrovare ciò che appare come una rete, una griglia territoriale, che unisce tra loro alcuni dei più antichi e importanti luoghi della zona, mettendoli in collegamento con il movimento del cielo.
E' fondamentale considerare che tali siti hanno a che fare con necropoli, santuari e luoghi di apparizione o guarigioni miracolose, ovvero tutti luoghi profondamente legati alla sfera del divino e del soprannaturale. In una parola, collegati al “sacro”.
Sandro Pravisani
NOTE
1 VEL/VOL è una radice di origine indoeuropea che esprime il significato di “girare, cambiare direzione”. Da essa prende forma il nome della coppia di divinità al centro del pantheon etrusco Voltumna e Veltha, nonché il nome delle città “ombelico” delle loro tre confederazioni in suolo italico: Bologna – Felsini, al nord, Bolsena – Velzna/Volsini, al centro e Capua – l'antica Volturnum, a sud (vedi Pravisani, 2021)
2 Alföldy G., Inscripciones, sacrificios y misterios: el santuario rupestre de Panóias/Portugal: informe preliminar, in Madrider Mitteilungen. Mainz am Rhein, 1995
3 Serapide era un diogreco-egizio, il cui culto fu introdotto ad Alessandria d'Egitto attorno al 300 a.C. da Tolomeo I. Era il dio dell'oltretomba, della fecondità, della guarigione e del Sole.
4 Pravisani S., La Signora dei lupi: geografia sacra e culti del sole nel Lazio antico, Youcanprint, 2021
5 Veltha, chiamato anche Velthune, Vertumnus e Vertumno era il compagno della grande dea, protettore dei raccolti, dei frutti maturi, della fertilità della terra. Come Vertumno, viene introdotto a Roma da Tito Tazio insieme a Vulcano, Veiove, Summano e altre divinità (v. Varrone in L.L. 5, 74)
6 Harari M., Rondini P., Zamboni L., L'abitato di Verucchio: spazio insediativo e azioni cerimolniali, in “La città etrusca e il sacro”, atti del convegno Bologna 21-23 Gennaio 2016, Bononia University Press, 2017
7 Montebelli C. R., Battistini M., Le vasche rupestri del Montefeltro, fra tradizione e nuove interpretazioni, da Studi Montefeltriani, 33-2011/2012
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