Miti, simboli e antichi calendari
Un giorno, a cena tra amici, una bambina mi chiese perché bisognasse studiare la storia. Cercando un'immagine che la potesse ispirare, le dissi che gli esseri viventi più simili agli uomini sono gli alberi, poiché stanno in posizione eretta. Mi guardò con un'espressione a metà tra il disappunto e la curiosità. Pur non avendo ricevuto una risposta chiara alla sua domanda, aveva percepito che dietro a quell'immagine si celava uno spazio da esplorare.
Cogliendo al volo quella breccia, continuai facendole notare che gli alberi sono composti da tre parti in stretta relazione tra loro: radici, tronco e rami. "Se le radici non andassero in profondità - conclusi - i rami non si potrebbero espandere verso l'alto e il tronco non crescerebbe. Studiare la storia aiuta a sviluppare le radici per essere più stabili, forti e costruire il proprio futuro".
I suoi occhi si riempirono di magia; aveva visto qualcosa.
Radici storiche, miti e simboli: la leggenda della trita
Ovunque nel mondo, si è sempre parlato di storia come radici, anche lì dove si è smesso di osservare gli alberi che crescono, per mancanza di tempo o di spazi verdi a vista d'occhio. Ogni cultura ha adottato fin dall'antichità quest'immagine per comprendere il valore del passato e metterlo in relazione con il futuro.
All'epoca dell'incontro con quella bambina, da qualche mese, mi ero trasferito dai Castelli Romani a Giulianello (LT) per entrare ancor più a diretto contatto con il territorio del Latium Vetus (1). In realtà, ciò che mi spinse a sceglierlo come base, fu un'antica leggenda che ruota (nel vero senso della parola...) attorno al lago che è diventato il simbolo del paese.
La tradizione narra di un evento disastroso accaduto in tempi remoti; un'enorme "trita" (una macina) trainata da cavalli bianchi, a causa del suo incessante movimento, consumò il suolo su cui poggiava creando un'enorme voragine nella quale tutto il paese attorno sprofondò, sparendo per sempre; da quel buco sgorgò così tanta acqua da formare un lago, sul cui fondo rimase incastrato un grande cancello di ferro (in altre versioni è d'oro). Si dice che, alle volte, dalle acque del lago si possa ancora sentire il suono delle campane del paese o, a seconda della versione, delle povere pecorelle che caddero nella voragine.
Il linguaggio cosmologico e i simboli del centro
Tradizioni simili sono presenti in tutto il mondo.
Grazie agli studi di ricercatori quali V. Propp (2), C. Levi-Strauss, G. De Santillana, etc., siamo oggi in grado di leggere i profondi significati di leggende come questa, riuscendo a ricavarne tutta una serie di informazioni codificate e sedimentate all'interno della loro struttura sotto forma di miti e simboli; se incrociate e integrate alle ricerche storico-archeologiche, queste ci permettono di cogliere interessanti particolari, fondamentali per la lettura del territorio e la conoscenza delle antiche civiltà che lo popolarono.
In questo caso, nella leggenda del lago, l'elemento più importante è la “trita” trainata dai cavalli bianchi. Mulini, macine e pilastri sono simboli presenti in tradizioni di tutto il mondo; meccanismi che ruotano attorno a un'asse che, ciclicamente, si scardina lasciando un'apertura verso il sottosuolo dove sprofonda il vecchio mondo.
Le culture del passato, pur differenziandosi per forme culturali ed espressive, hanno condiviso una cosmologia pressoché identica in tutto il pianeta. Una realtà composta da tre livelli dei quali noi, esseri umani, occupiamo quello centrale, mentre gli altri due (l'alto e il basso) ospitano spiriti e forze celesti e infere. L'architettura religiosa e la simbologia delle civiltà tradizionali sono letteralmente impregnate di questi concetti, esprimendo la costante necessità di mantenere allineati e collegati quei tre piani per garantire benessere, abbondanza e ordine nel mondo.
All'interno di un paesaggio sacralizzato, la leggenda della "trita" indica un luogo che sembra essere stato centrale nella relazione tra il territorio e i suoi antichi abitanti. L'idea di un pilastro attorno al quale tutta la realtà (manifesta e non manifesta) possa ancorarsi e svolgersi senza il rischio di ritrovarsi come una navicella alla deriva, è ovunque incarnata da eroi e sovrani illuminati e portata su questo piano di realtà attraverso elementi simbolici come templi, alberi, montagne o... laghi. Pensiamo alla dodecapoli estrusca del centro Italia; una confederazione di 12 tribù dislocate in un territorio suddiviso in altrettanti settori, disposti attorno ad un centro sacro sulle rive del lago di Bolsena, dove tutti i clan si recavano ciclicamente, in occasione delle feste più importanti.
E' possibile che anche nei pressi di Giulianello sia esistito un luogo con tali caratteristiche?
Le evidenze archeologiche dimostrano che sulla collina affacciata sulla riva occidentale sorgeva uno dei centri più importanti del Lazio protostorico (attivo tra IX e VI secolo a.C.); un insediamento posizionato lungo antichissime vie di comunicazione che univano la valle del Sacco con la pianura pontina.
Il lago di Giulianello, infatti, si trova al centro di un naturale corridoio utilizzato fin dal paleolitico per lo spostamento di persone, animali, merci e cultura. Luogo strategico di incontro e scambio tra popoli, la cui importanza/sacralità riecheggia nei racconti e nelle leggende della zona.
Ma oltre alla posizione strategica, ci sono altre caratteristiche che conferiscono al luogo una speciale rilevanza simbolica. La grande valle scorre tra i Monti Lepini a Est e i Colli Albani a Ovest; un andamento nord-sud che riflette, sulla terra, l'immagine dell'asse cosmico incentrato sulla stella polare, attorno alla quale tutto gira. Una via naturale delimitata, a nord e a sud, da due dei santuari più importanti della religiosità italica (e poi Romana) dedicati alla dea Fortuna: a nord, la montagna/santuario di Palestrina (RM) e, a sud, il doppio tempio di Anzio (LT).
Dalla terra al cielo
Uno dei simboli principali legati alla Fortuna è la ruota. Lo stesso culto della dea era legato a complessi calcoli e osservazioni astronomiche, alla base dei primi calendari romani introdotti, secondo la tradizione, dal sabino Numa Pompilio, secondo re dell'Urbe e successore di Romolo (3). G. de Santillana, M. Eliade e R. Guenon hanno individuato in molte
parti del mondo leggende e tradizioni che utilizzano immagini di questo tipo, ipotizzando che nell'antichità fossero usate per descrivere il movimento del cielo e lo scorrere ciclico del tempo. Enormi macine, mulini e archetti per l'accensione del fuoco, all'interno dei miti, simboleggerebbero la struttura dell'universo e i suoi pilastri che, ritmicamente scardinati e sostituiti, danno luogo al grande movimento della “precessione degli equinozi”.
Un riferimento, dunque, alla lentissima oscillazione dell'asse terrestre che determina l'avvicendamento delle costellazioni zodiacali all'orizzonte nella direzione in cui il sole sorge il 21 Marzo (equinozio di primavera). Lo spostamento dovuto alla precessione rende visibile ogni raggruppamento di stelle per un periodo di circa 2160 anni che, nella cosmologia classica, prende il nome di era ed è caratterizzato dal segno zodiacale corrispondente.
Ai nostri tempi, ad esempio, ci troviamo verso la fine dell'era dei Pesci; tra quasi un secolo, saremo entrati definitivamente nell'era dell'Acquario.
Anche i simboli attribuiti a Gesù fanno parte di questo "gioco cosmico". Egli, infatti, è allo stesso tempo l'agnello sacrificale e il pesce, in riferimento alla costellazione dell'Ariete che, a cavallo del primo secolo, stava "morendo" (tramontando), lasciando spazio alla nuova era della costellazione dei pesci.
Dal cielo alla terra
Trovare leggende simili, sulle sponde del lago di Giulianello, ci porta a considerare l'ipotesi che in questi luoghi fossero diffuse raffinate conoscenze astronomiche legate al computo del tempo. Un'eco di antichi saperi, la cui sedimentazione deve aver necessariamente richiesto tempi lunghissimi per giungere a noi sotto forma di miti.
Passeggiando tra i boschi che circondano le sue acque, è ancora possibile imbattersi in numerose tracce di antiche frequentazioni a testimonianza di come il lago fosse considerato in stretta relazione con la dimensione del sacro.
Un luogo in particolare, custodisce un manufatto curioso e altamente evocativo. Su un'enorme pietra è stata ricavata una nicchia all'interno di un profondo vano rettangolare. Sopra, si scorgono i lineamenti di una decorazione a timpano, nel quale si riconosce un disco inscritto in un triangolo: si tratta di un'edicola votiva o altare rupestre. Un piccolo gioiello di arte antica, forse da collegare al misterioso insediamento di cui sono emerse tracce sulla collina di fronte.
Essendo immersa nella fitta vegetazione, ci si rende conto della sua presenza solo nel momento in cui le si passa di fronte. L'incontro improvviso e il forte impatto scenografico da cui emerge l'edicola, sono capaci di portare il visitatore, anche se per un solo istante, in una dimensione di sospensione che delicatamente invita a entrare in contatto con le proprie profondità.
Spesso, vivere una così semplice esperienza, immersi nella natura permette di attivare uno degli strumenti più importanti per apprendere, conoscere lo spazio che ci circonda e comunicare con noi stessi e il mondo circostante: l'ascolto.
Davanti a quell'altare, è ancora possibile percepire lo spirito del lago.
Sandro Pravisani
Sei curios@ di approfondire i temi trattati negli articoli?
Visita il mio canale youtube Geografia Sacra dove troverai moltissimi video dedicati a cosmologia, antichi calendari, allineamenti solari, graffiti magico-devozionali, etc.
E se vuoi partecipare a uno dei miei corsi, iscriviti alla mailinglist per ricevere tutte le news e i prossimi appuntamenti.
NOTE
1 Il Lazio antico, come viene chiamato dai classici.
Per un approfondimento sui miei studi sul paesaggio simbolico e gli allineamenti solari di quella zona:
Pravisani S., La signora dei lupi – geografia sacra e culti del sole nel Lazio antico, Youcanprint, 2021
2 V.J. Propp, Morfologia della fiaba e Le radici storiche dei racconti di magia, Grandi Tascabili Economici Newton, 1992
3 Magini L., Astronomia Etrusco-Italica, L'Erma di Bertshneider, Roma, 2003
Comentarios